• Giovanni Giudetti, PhD - Legal Advisor

Gli Statuti degli ETS e l’individuazione delle attività di interesse generale

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, attraverso la sua Direzione Generale del Terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese, risponde con la nota n. 4477 ad una richiesta del 14 aprile 2020 avente ad oggetto gli “Statuti degli enti del terzo settore. Individuazione delle attività di interesse generale e delle finalità. Artt. 4, comma 1, 5 comma 1 e 21”. Completa il testo la richiesta di un ulteriore approfondimento nello stabilire tramite statuto le attività ex art. 5 comma 1 del Codice del Terzo Settore delle associazioni affiliate alle cd. “reti nazionali”.

Nel caso di specie le associazioni di riferimento facevano richiesta di iscrizione ai registri relativi alle APS e alle ODV, proponendo statuti modulati sulla base del D. Lgs. 117/2017 con all’interno la previsione di tutte le attività ex art. 5 di cui sopra.

Suddetto modus operandi sicuramente non è da ritenersi in linea con il solco tracciato dal legislatore del nuovo Terzo settore perché - secondo la disciplina così richiamata dall’art. 21 comma 1 del Codice - per attività di interesse generale debba intendersi “l’oggetto sociale” costituente e caratterizzante l’associazione stessa fino al punto che gli stessi requisiti di ammissione di nuovi associati vengano a prefissarsi nella stessa prospettiva. 

Ancora una volta emerge come l’oggetto sociale non possa essere indefinito, ma anzi debba conformarsi necessariamente ai principi di trasparenza, per tutti coloro i quali non posso accedere direttamente a tale informativa, e di responsabilità per un reale collegamento tra attività svolte dall’ente e finalità da raggiungere o progetti da svolgere.

Pertanto, la sintetica e precisa selezione delle attività incorporata nello statuto, costituisce l’oggetto sociale e definisce l’ente per tutto quanto ne consegue, pur tuttavia non limitando in nessun modo la possibilità per l’organizzazione stessa di riferimento di modificare questo oggetto per comprovate esigenze di ampliamenti o di evoluzione delle scelte operative pur sempre conseguente all’approvazione volontaria degli associati. 

Anche l’appartenenza a reti associative nazionali si ritiene non vada a disattendere tale possibilità - seppur in presenza di mancanza di indicazioni specifiche nello statuto - consentendo agli enti e associazioni aderenti di unire, come attraverso un minimo comune denominatore, le singole realtà ed attività organizzative e programmatiche legate sinergicamente nel pieno rispetto dell’autonomia di ciascun ente. 

In aggiunta a questo le attività ex art. 5 si possono considerare di interesse generale solo quando vengono svolte in corrispondenza con le norme particolari che organizzano il loro esercizio e che prevendono il requisito del possesso di abilità tecniche e funzionali differenziate a seconda dei modelli di appartenenza. 

La nota in oggetto prende ad esempio un caso di un ente che, occupandosi di assistenza alle persone ricoverate in una struttura sanitaria, intenda dare a queste ultime la possibilità di assistere a spettacoli teatrali organizzati presso la struttura stessa, ritenendo che i pazienti ne beneficino sotto il profilo psicologico. L’ente attiverà una collaborazione con un secondo ente che si occupa di organizzazione e gestione di attività artistiche e culturali, in modo da individuare congiuntamente le opere da mettere in cartello e le modalità per tenere le rappresentazioni nel rispetto delle esigenze degli spettatori e delle caratteristiche della struttura. 

In tale case study non è necessario che il primo ente abbia nel proprio statuto la previsione di attività artistiche e culturali, o che il secondo rimoduli il proprio statuto in ragione dell’esercizio di prestazioni sanitarie.

Diventa fondamentale l’individuazione della volontà in comunanza di intenti tra enti e organizzazioni, che persegua un condiviso obiettivo, come per esempio il benessere e l’assistenza per i soggetti beneficiari di tali azioni sociali e di servizio.

Con un tale potenziale di collaborazione tra le diverse realtà del mondo del Terzo settore si accresce il ventaglio di contatti e network a disposizione degli stakeholders favorendo a vario titolo il coordinamento, la mutua collaborazione tra gli organismi e il realizzarsi di quanto previsto dal Codice nei diversi ambiti di intervento.

La nota evidenzia come: «La declinazione coerente da parte di ciascun ente delle proprie finalità e, in armonia con esse, delle attività che ci si prefigge di svolgere, nonché la conseguente individuazione delle caratteristiche organizzative più opportune per raggiungere gli obiettivi associativi e finalmente di quelle dei propri associati, all’interno dello statuto, costituisce un fondamentale e talvolta non semplice esercizio di autonomia, attraverso il quale l’ente opera delle scelte e in virtù di esse definisce sé stesso nei confronti dell’esterno e dei propri aderenti, nel rispetto di regole proprie e all’interno del perimetro tracciato dalla legge».

Affinché tali indicazioni non vengano disattese ciascun ente deve perseguire le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, anche attraverso la salvaguardia e il cd. self-monitoring degli amministratori, dei soci e dei volontari coinvolti. 

Quanto redatto e trascritto all’interno di ogni singolo statuto non dovrà rimanere pura formalità, così come una proiezione errata di aspettative programmatiche, ma dovrà concretamente disciplinare la reale attività e opera dell’Ente del Terzo Settore nel tessuto sociale di appartenenza. 

Giovanni Giudetti, PhD - Legal Advisor

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