Ente religioso con qualifica Onlus: l’esenzione IMU spetta solo se non c’è profitto
Un fabbricato di proprietà di un ente religioso con la qualifica di Onlus non è esente da IMU se non viene dimostrato che la destinazione non ha carattere commerciale.
Infatti, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio con sentenza n. 6600/6/19, depositata il 27 novembre 2019, ha rigettato l’appello del contribuente.
La fattispecie riguardava un fabbricato situato nel comune di Roma nel quale l’ente religioso svolgeva la sua attività istituzionale di assistenza.
Il comune aveva presupposto che l’attività fosse di natura alberghiera anche alla luce del fatto che l’ente realizzava ricavi annui per alcuni milioni di euro.
In effetti, l’ente appellante non ha descritto la natura dell’attività svolta, operazione necessaria per sfuggire dalla natura commerciale, dal momento che le prestazioni assistenziali prevedevano il pagamento dei corrispettivi.
Ma entriamo nello specifico, l’ente religioso dovrà pagare l’IMU del fabbricato?
L’art. 7, lettera i), del D. Lgs. 504/1992, dispone che sono esenti dall’imposta gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento, con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive.
I giudici hanno ricordato che l’esenzione da IMU richiede due presupposti fondamentali:
- Soggettivamente la proprietà deve appartenere ad un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. Nel caso in esame tale requisito è rispettato, trattandosi di ente ecclesiastico riconosciuto come Onlus, dedicato all’attività di assistenza.
- Oggettivamente l’immobile deve essere utilizzato esclusivamente per lo svolgimento di attività non commerciali il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando rigorosamente se l’attività svolta dall’ente, pur essendo per natura non commerciale (assistenza), sia stata effettivamente svolta con modalità istituzionali.
In questo caso, ipotizzando che gli ospiti dell’immobile di proprietà dell’ente pagassero una retta, andrebbe stabilito se tale corrispettivo fosse preordinato alla sola copertura dei costi o se, invece, consentisse un margine di profitto.
Al riguardo, il Codice del Terzo Settore prevede che la non commercialità è caratterizzata dalla circostanza che i ricavi non devono superare i costi con una tolleranza del 5% per due periodi d’imposta.
Per concludere, viene anche considerata la modifica apportata con l’art. 39 Decreto-Legge 223/2006 il quale dispone che l’esenzione si intende applicabile alle attività “che non abbiano esclusivamente natura commerciale”.
In questa specifica fattispecie, i giudici hanno ritenuto che l’intera attività fosse svolta con modalità commerciali, rigettando quindi l’appello della Onlus.
Dott. Cristian Massi