• Giovanni Giudetti, PhD - Legal Advisor

Assenza di scopo di lucro, trattamento economico degli Enti del Terzo Settore, incompatibilità dello status di lavoratore con quello di volontario: la Direzione Generale del Terzo Settore chiarisce

In una recente nota n. 2088 pubblicata lo scorso 27 febbraio - sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella sezione “Circolari e orientamenti ministeriali sul Codice e sugli Enti del Terzo Settore: Risposte e Quesiti” – il Direttore Generale Alessandro Lombardi risponde e chiarisce alcuni punti in merito ai quesiti aventi ad oggetto gli  artt. 8, comma 3, lettera b), e 16 e 17 del Codice del Terzo settore.

Più nello specifico le questioni sollevate riguardano il pagamento relativo dei lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori al 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dal CCNL – Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (art 8 comma 3 lett. b) CTS); il trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dal CCNL (art. 16 CTS); i volontari (art. 17 CTS).

Il documento in esame non manca di sottolineare come l’art. 4, comma 1 del CTS contenga precipuamente la definizione di Ente del Terzo Settore - ETS, i cui requisiti necessari sono la natura privatistica dell’organo coinvolto, l’elemento teleologico del perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, l’assenza dello scopo di lucro, lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, l’iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore - RUNTS, nonché l’indipendenza dai soggetti indicati al successivo comma 2.

Emerge così come uno degli elementi principali che contraddistinguono l’ETS sia l’assenza di scopo di lucro che genera e si evolve con l’obbligo, trascritto nell’art. 8 c.1, di destinazione esclusiva delle risorse finanziarie e strumentali dell’ETS: “Il patrimonio degli Enti del Terzo Settore, comprensivo di eventuali ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate è utilizzato per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”.

Lo stesso articolo al secondo comma non manca di evidenziare come affinché venga scongiurato il superamento del cd. “vincolo di destinazione” diviene necessario di divieto di elargizione sia esplicita che implicita di “utili” e prodotti in positivo, così come riserve e fondi gestiti a vario titolo dai diversi stakeholders degli organi sociali (tutto questo anche eventualmente in caso di scioglimento individuale/recesso condiviso del rapporto associativo).

Ibidem al comma 3 si ritrova una categorizzazione della tipologia distributiva indiretta di utili che per loro stessa natura sono vietati. 

In linea con questo nella nota in oggetto si punta l’attenzione sulla classificazione descritta nella lettera b) del comma 3, che considera distribuzione indiretta di utili “la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del D. Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’articolo 5, comma 1, lettere b)g) o h)".

In tal misura il limite potrà essere superato soltanto in presenza di comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle seguenti attività di interesse generale: 

  • interventi e prestazioni sanitarie; 
  • formazione universitaria e post-universitaria; 
  • ricerca scientifica di particolare interesse sociale.

Altre questioni da sciogliere sono quelle relative ai profili giuslavoristici risultanti dall’art. 16 del Codice. Nel documento della Direzione Generale si specifica come i quesiti sollevati attengano alla decorrenza delle disposizioni, all’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione, ed infine al regime di incompatibilità tra lo status di volontario e quello di lavoratore dell’ETS.

La nota non manca di ribadire come in linea con il canone interpretativo già espresso dalla Direzione con il doc. n. 12604 del 29 dicembre 2017 “Codice del Terzo settore. Questioni di diritto transitorio. Prime indicazioni” https://www.lavoro.gov.it/notizie/Documents/DG-III-Settore-lettera-Regioni-questioni-diritto-transitorio.pdf , non essendo le disposizioni di cui agli articoli 8 e 16 del Codice connesse direttamente all’istituzione ed all’operatività del RUNTS o alla scelta di atti di normazione secondaria queste vanno considerate direttamente applicabili con decorrenza alla data di entrata in vigore del Codice.

Pertanto, seguendo il principio generale di irretroattività della Legge, l’articolo 8, c. 2, lett. b) dovrà applicarsi soltanto ai rapporti di lavoro costituiti a partire dall’entrata in vigore del Codice, con esclusione pertanto della sua applicazione ai rapporti già in essere antecedentemente alla medesima data.

In egual misura l’art. 16 viene ad inserirsi nei nuovi rapporti di lavoro dipendente così che il trattamento economico del nuovo rapporto di lavoro andrà commisurato con la retribuzione più bassa già in essere presso l’ETS, in sintonia con la ratio legis che consiste nel contemperare adeguatamente il limite del divario tra le retribuzioni applicate ai titolari delle posizioni di responsabilità dell’ente e i soggetti coinvolti.

La fattispecie dell’art. 16 c. 1 non si applicherà nel periodo transitorio alle ONLUS, per le quali la necessità di rispettare il citato rapporto di uno a otto diverrà efficace a partire dal momento dell’iscrizione nel RUNTS. Ciò in quanto fino al termine di cui all’art. 104, c. 2 del Codice continueranno a trovare applicazione nei confronti di tali enti le disposizioni di cui agli artt. 10 e seguenti del D. Lgs. n. 460/1997.

Per quel che riguarda l’ambito soggettivo di applicazione nel periodo transitorio, per effetto del combinato disposto degli artt. 101, c. 2 e 102, c. 1, lettera a) del Codice, l’articolo 8, c.3, lettera b) si applicherà alle ODV e alle APS iscritte nei rispettivi Registri, per le quali non era finora prevista una disciplina ad hoc con riguardo alle presunzioni in tema di distribuzione indiretta di utili. 

Per le ONLUS - poiché il D. Lgs. n. 460/1997 sarà abrogato solo a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea sulle disposizioni fiscali indicate nell’articolo 101, c. 10 e non anticipando il periodo di imposta successivo all’operatività del RUNTS, ai sensi del combinato disposto degli artt. 102, c. 2 lettera a) e 104, c. 2 del Codice, nel periodo transitorio - continuerà a trovare applicazione la disciplina contenuta nell’art. 10, c. 6, lettera e) del D. Lgs. n. 460/1997, che fissa il differenziale misurabile al 20 %.

Ancora per l’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 8, c. 3, lettera b): il riferimento fatto ad alcune specifiche tipologie di attività di interesse generale esclude la possibilità di applicare in via analogica la medesima disposizione anche ad ulteriori tipologie di attività di interesse generale contemplate nell’articolo 5 del Codice. Pertanto, con questa precisazione preliminare si considera derogabile il tetto del 40% del livello retributivo in presenza del bisogno di ottenere specifiche professionalità ai fini dello svolgimento delle attività generali, supportate da idonea documentazione giustificativa. 

Il vincolo potrà essere modificato se le condizioni così come immaginate dal legislatore si aggancino tra loro solo attraverso un “logico e coerente nesso eziologico”, che ritorna nei casi in cui lo scavalcamento del tetto retributivo rende possibile all’ETS l’acquisizione di una professionalità da ritenere oggettivamente necessaria ai fini dell’implementazione delle specifiche attività di interesse generale e in mancanza delle quali non sarebbe possibile lo svolgimento delle stesse.

È fondamentale, ai fini di questa valutazione, che affiori la correlazione tra le professionalità che si intendono acquisire e l’esercizio dell’attività di interesse generale, quindi un requisito funzionale di tutte le competenze professionali assorbite dall’Ente ed in rapporto continuato e coordinato procedimentalmente con le istituzioni.

La risultante di questo processo di formazione dei rapporti di lavoro che determinano lo sforamento del tetto del 40% attiene pur sempre all’autogestione degli ETS e costituisce l’esito di un processo decisionale interno all’ETS, preso in considerazione sulla base delle recenti indicazioni legislative e statutarie, senza che sia indispensabile la previa autorizzazione da parte della P.A.

In conclusione, altri quesiti rivolti alla Direzione hanno riguardato i valori retributivi da prendere in considerazione ai fini del rispetto del rapporto percentuale e alla contrattazione collettiva richiamata dagli artt. 8, c. 3 e 16, c.1 del Codice costituisce la matrice di riferimento per la corretta applicazione delle disposizioni contenute in commento, anche con riferimento al lavoro autonomo. 

Ancora emerge la possibilità di lettura e interpretazione della norma sull’incompatibilità (di cui all’articolo 17, c. 5 del Codice), tra lo status di volontario e quello di lavoratore della medesima organizzazione limitata al solo volontario non occasionale (iscritto nell’apposito registro da tenersi da parte dell’ETS), consentendo in tal modo ai lavoratori dell’ETS di svolgere genuinamente l’attività di volontariato presso il medesimo ETS in via occasionale e comunque avente un oggetto diverso dalla prestazione lavorativa. 

Inoltre, distinzione alcuna viene fatta su volontario stabile e volontario occasionale, come viene fatto invece in altra parte dell’art. 17 a proposito dell’obbligo di registrazione, limitato alla prima categoria di volontari. 

Ad oggi la volontà è quella di assicurare la necessaria tutela del lavoratore da possibili abusi legati ad attività che non rispondono alle caratteristiche dell’azione volontaria, come definita nei sopra richiamati c. 2 e 3 dell’art. 17.

Giovanni Giudetti, PhD - Legal Advisor

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