Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti alla luce del D. Lgs. 117/2017
Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti L. n. 222/85 sono enti che hanno ottenuto il riconoscimento della Personalità Giuridica civile con Decreto del Ministero degli Interni e relativa iscrizione nel Registro della Prefettura di Roma – ufficio territoriale del governo, o che costituiti nell’ordinamento civile hanno poi ottenuto il riconoscimento canonico e ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica civile con Decreto del Ministero degli Interni e relativa iscrizione nel registro della prefettura di Roma – ufficio Territoriale del Governo.
Per gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti L. n. 222/85, la diversità e la particolarità dagli altri enti che possono far parte del Terzo Settore sta nella locuzione “limitatamente” utilizzata dal legislatore nell’art. 4 comma 3: “limitatamente allo svolgimento delle attività di cui all’articolo 5”.
Quindi per il legislatore le norme giuridiche che definiscono il Terzo Settore non si applicano al soggetto giuridico in quanto tale ma solo alle attività di interesse generale di cui all’art. 5 del Codice del Terzo Settore, per le quali l’ente costituirà un ramo separato con relativo regolamento e patrimonio destinato.
Il tutto si basa su due elementi significativi della riforma, e cioè:
- Per poter accedere al Terzo Settore i soggetti devono avere come scopo “il perseguimento, senza fini di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale secondo quanto definito dall’art. 4 del D. Lgs. 117/2017;
- Il legislatore ha preso atto del fatto che gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti L. n. 222/85 hanno rilevanza per il nostro ordinamento solo ed in quanto hanno “fine di religione e di culto”, riconoscendo tale fine come “costitutivo ed essenziale” per l’esistenza stessa dell’ente secondo quando definito dall’art. 2 comma 2 e dall’art. 3 della Legge n. 222/85.
Non vi è alcun obbligo per un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto di istituire il Ramo per l’esercizio delle attività di cui all’art. 5 con relativo regolamento da depositare al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), qualora le si voglia esercitare senza far parte del comparto del Terzo Settore e dunque senza essere assoggettato alle relative norme.
L’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto non ha l’obbligo a norma dell’art. 12 comma 2 di modificare la propria denominazione introducendovi l’indicazione di “Ente del Terzo Settore” o l’acronimo “ETS”.
L’eventuale iscrizione dell’ente religioso al RUNTS la si richiederà solo dopo un’attenta valutazione delle opportunità e vantaggi e delle criticità e svantaggi che lo svolgimento di determinate attività rientranti nell’art. 5 del Codice del Terzo Settore comportano per un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.
Qualora gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti vogliano iscriversi al RUNTS, dovranno adottare per lo svolgimento di una attività prevista nell’art. 5, un apposito regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che ove non diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della struttura e delle finalità di tali enti, recepisca le norme del presente codice e sia depositato nel RUNTS, secondo quanto previsto dall’art. 4 comma 3 del D. Lgs 117/2017.
Per la gestione di tali attività rientranti nel ramo separato l’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto dovrà costituire un patrimonio destinato e dovrà tenere scritture contabili separate.
A mio parere, per l’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, è possibile approvare per lo svolgimento di ciascuna delle attività previste dall’art. 5, separati regolamenti e quindi istituire separati rami e dunque separati patrimoni destinati per ognuna o per alcune delle attività per le quali l’ente vuole iscriversi al RUNTS.
L’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto con Decreto del Ministero degli interni e con l’iscrizione nel registro della prefettura di Roma non deve, per nessuna ragione, modificare lo statuto dell’ente per adeguarlo al D. Lgs. 117/2017, ma deve approvare il “regolamento del ramo” di attività di cui all’art. 5 del codice che si intende attivare, secondo quanto definito dall’art. 4 comma 3 del Codice del Terzo Settore.
Dott. Cristian Massi