Compensi per gli amministratori degli Enti del Terzo Settore
Le attività per il sociale, la solidarietà, il bene comune, posti alla base del Terzo settore, possono essere identificati come un tesoro da custodire ed allo stesso tempo sviluppare.
Tutto ciò rappresenta solo la scocca di un grande motore, che inevitabilmente ha bisogno di misure sempre più stringenti.
Oggi identifichiamo un argomento molto dibattuto nel tempo, e cioè i compensi devoluti agli amministratori degli Enti del Terzo Settore (ETS).
La domanda che tutti ci saremo posti è: Possono ricevere compensi gli amministratori degli ETS?
Il Codice del Terzo Settore identifica all’art. 8, comma 2, il divieto di distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo.
Tale principio trova le sue basi nel disposto dell’art. 10, comma 1, del D. Lgs. 460/1997 e cioè il “Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”.
L’art. 8 comma 3 individua anche i casi di distribuzione indiretta degli utili, e cioè:
- la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all'attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;
- la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all'articolo 5, comma 1, lettere b), g) o h);
- l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonche' alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l'oggetto dell'attività di interesse generale di cui all'articolo 5;
- la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Quindi non è ammessa la corresponsione di somme di denaro ai membri del consiglio direttivo e ai soci per la semplice carica che essi ricoprono, mentre nulla vieta che tali soggetti ricevano un compenso per le attività che effettivamente prestano.
Di difficile dimostrabilità sarà che tali compensi siano effettivamente riconducibili alle attività svolte dai membri del consiglio direttivo e non alla carica che essi ricoprono.
Il Codice specifica chiaramente che per i componenti degli organi sociali delle Organizzazioni di Volontariato (OdV) (art. 34 comma 2), non può essere attribuito alcun compenso salvo il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata ai fini dello svolgimento della funzione.
I soci e volontari delle OdV, non possono essere assunti e/o retribuiti poiché l’attività di volontariato è incompatibile con qualsiasi forma di lavoro autonomo o subordinato.
Si può invece rimborsare il volontario delle spese effettivamente sostenute e documentate, secondo quanto definito dalla Legge 266/91 art. 2 comma 2 e 3.
Potranno essere assunti lavoratori dipendenti o avvalersi di lavoratori autonomi esclusivamente nei limiti necessari al suo regolare funzionamento oppure al fine di specializzare e qualificare l’attività svolta.
In sostanza il lavoro dei soci deve essere un mezzo e non un fine, quindi è importante che il compenso sia limitato, giustificato e proporzionato all’attività svolta.
Ovviamente gli incarichi e i compensi dovranno essere sempre approvati dal consiglio direttivo.
Solo in questo modo avremo una gestione dei compensi ordinata e trasparente.
La questione dei compensi rimane quindi tra le argomentazioni più dibattute in quanto potrebbe mascherare un’indiretta distribuzione degli utili.
In caso di verifiche fiscali, se l’indiretta distribuzione fosse accertata causerebbe all’organizzazione la perdita della qualifica di ETS e delle agevolazioni fiscali ad esso collegate.
Per concludere, è di facile intuizione che l’organizzazione dovrà agire in maniera trasparente e seguendo i principi normativi sopra citati, senza dimenticare l’attività istituzionale oggetto della propria attività.
Dott. Cristian Massi