Fallibile l’impresa agricola che esercita anche attività commerciale
Il tema della fallibilità dell’impresa agricola è un argomento più volte dibattuto nel tempo ma pur sempre attuale, considerate le numerose pronunce di legittimità che si sono susseguite nell’ultimo decennio.
La regola generale contenuta nell’art. 1 del RD 267/42 cd. Legge Fallimentare, prevede che siano soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale.
Resta fuori da tale perimetro l’imprenditore agricolo come definito dall’art. 2135 c.c., ovvero colui che esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento di animali.
Qualora, invece, l’impresa agricola svolga anche attività connesse ci si interroga sulla possibilità o meno di applicare la procedura fallimentare, quando tali attività assumono rilievo prevalente rispetto alle attività principali.
Secondo il consolidato orientamento della Cassazione, l’esenzione dell’imprenditore agricolo dal fallimento non è incondizionato, ma viene meno quando è insussistente, di fatto, il collegamento funzionale della sua attività con la terra, intesa come fattore produttivo, o quando le attività agricole connesse perdono la loro connotazione di attività “serventi” e assumono rilievo decisamente prevalente, sproporzionato rispetto a quelle di coltivazione, allevamento e silvicoltura.
Inoltre, perché un’impresa sia considerata agricola, quindi allo stato attuale non fallibile, non è sufficiente la mera iscrizione nella sezione speciale del Registro Imprese o quanto indicato nell’oggetto sociale, né tantomeno rileva il fatto che al momento in cui viene richiesta la dichiarazione di fallimento sia cessata l’attività commerciale esercitata in via prevalente per qualche annualità.
Quindi, per l’esclusione dell’imprenditore agricolo dal fallimento rileva l’accertamento in concreto, svolto dai giudici di merito, dell’esercizio di attività commerciale in misura non prevalente sull’attività agricola.
Inoltre, rispetto alla versione originaria dell’art. 2135 c.c., che individuava come connesse unicamente le “attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”, è stata ampliata con il terzo comma, la categoria delle attività agricole per connessione, includendovi anche attività che hanno carattere commerciale “oggettivo” che, al rispetto di determinati limiti, sono ricomprese nell’alveo delle attività agricole.
Si tratta di tutte quelle attività esercitate dal medesimo imprenditore agricolo dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente da un’attività agricola, nonché delle attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale ovvero di ricezione e ospitalità.
Esempio tipico è proprio l’attività agrituristica, su cui i giudici di legittimità hanno avuto modo di pronunciarsi in diverse occasioni (Cass. nn. 8690/2013 e 490/2015) e di recente, con l’ordinanza n. 4790/2023, hanno accolto il ricorso dell’imprenditore agricolo sulla base del fatto che la corte di merito non avrebbe proceduto ad un’approfondita disamina logico-giuridica in grado di motivare il fatto con cui si sosteneva la presenza di una rilevante sproporzione tra i ricavi dell’attività agrituristica rispetto a quelli dell’attività agricola o del perché il fabbricato utilizzato per l’esercizio dell’attività connessa aveva caratteristiche non compatibili con il normale impiego ad uso agricolo.
Per concludere, l’accertamento in concreto dei requisiti di connessione dovrà essere accertato caso per caso, ma in una logica di costante evoluzione del settore agricolo e della sua interconnessione con gli elementi propri dell’attività commerciale.
Sarà opportuno delineare il sottile confine tra attività agricola e attività commerciale esercitata dall’imprenditore agricolo, qualora non sia immediato stabilire la prevalenza, sia in termini qualitativi che quantitativi, della prima rispetto alla seconda attività.
Dott. Cristian Massi