Mini IRES per gli enti non profit: la Corte di Cassazione si esprime
Ai fini della riduzione del 50% dell’aliquota IRES prevista dall’art. 6 del DPR n. 601/73 non basta che l’ente appartenga ad una delle categorie elencate in tale norma, ma sarà necessario accertare che l’attività concretamente esercitata dall’ente non abbia carattere commerciale, in via esclusiva o principale e inoltre, in presenza di attività diversa da quella istituzionale, che essa sia in rapporto di strumentalità diretta e immediata con i fini istituzionali dell’ente, procurando i mezzi economici occorrenti per il raggiungimento di questi ultimi.
Sono queste le conclusioni a cui è giunta la cassazione nell’ordinanza n. 1164/2023 in cui sono stati chiariti i requisiti applicativi per il dimezzamento dell’aliquota IRES previsto dall’art. 6 DPR n. 601/73.
La controversia trae origine dall’impugnazione di un avviso d’accertamento emesso nei confronti di un istituto di sostentamento del clero a seguito del disconoscimento, sui redditi fondiari derivanti dalla locazione di immobili, dell’agevolazione di cui all’art. 6, primo comma, lettera c), del DPR n. 601/73, trattandosi di attività non riconducibili né a quelle istituzionali né a quelle connesse.
L’oggetto principale su cui si basa il Fisco è la mancanza di strumentalità immediata e diretta dell’attività di locazione di immobili con il fine statutario dell’ente.
I giudizi di merito, sia di primo che di secondo grado, riconoscevano le ragioni dell’istituto diocesano nel presupposto che l’agevolazione in esame spettasse esclusivamente in base ai requisiti soggettivi dell’ente ecclesiastico (ai sensi dell’art. 7 comma 3 dell’accordo 18 febbraio 84 tra Italia e Santa Sede è da ritenersi ente avente fine di beneficienza o istruzione), in funzione della sua appartenenza all’elenco di cui all’art. 6 DPR n. 601/73.
La Cassazione ha precisato che il mero soddisfacimento del requisito soggettivo non è sufficiente per fruire della riduzione dell’aliquota IRES, dovendosi sempre accertare la sussistenza di un ulteriore elemento di tipo oggettivo, verificando che:
- La locazione di immobili posta in essere dall’ente non abbia carattere commerciale, in via esclusiva o principale;
- Qualora detta attività non venga esercitata in via esclusiva o principale, la stessa consista in un mero godimento del patrimonio immobiliare, finalizzato al reperimento di fondi necessari al raggiungimento dei fini istituzionali dell’ente, situazione che si configura quando la locazione immobiliare consta della mera riscossione dei canoni, senza una specifica e dedicata organizzazione di mezzi e risorse funzionali all’ottenimento del risultato economico.
Qualora non venga soddisfatto tale requisito di strumentalità o non venga comprovata la destinazione di tali proventi al fine istituzionale da relativa documentazione, tali introiti rappresenteranno entrate da “attività diverse”, ed in quanto tali da assoggettare ad IRES ordinaria.
Tale chiave interpretativa è stata supportata anche dal Consiglio di Stato il quale, con parere 8 ottobre 1991 n. 1226, si era espresso relativamente al trattamento tributario degli enti ecclesiastici aventi fine di religione e di culto specificando che l’agevolazione non ha natura meramente soggettiva in quanto se, da un lato, non è applicabile a soggetti diversi da quelli specificati dalla norma, essa non spetta per il solo fatto della natura del soggetto, dovendosi operare un giudizio di meritevolezza sulla rilevanza dell’utilità sociale dell’attività svolta dall’ente, da cui derivano ricavi da assoggettare ad imposta sui redditi.
Dott. Cristian Massi